Bilderberg a convegno: 120 politici, banchieri, miliardari e “analisti strategici” vari si riuniscono per decidere delle nostre vite. Come sempre, hanno un solo incubo: un’Europa padrona del proprio destino
Località: il lussuoso Dorint Seehotel di Rottach-Egern, 60 chilometri ad est di Monaco di Baviera. La data: 5-8 maggio. Gli invitati: circa 120 politici, banchieri, miliardari e i loro “analisti strategici” preferiti, da Kissinger a Brzezinski. Il livello di sicurezza: assoluto. Commenti dei grandi media: nessuno, anzi devoto silenzio. Perché, come spiegò nel 1991 David Rockefeller, membro permanente e fondatore del Bilderberg Club, “sarebbe stato impossibile per noi pianificare progetti per il mondo sotto la luce dell’informazione pubblica”. Di solito, alle riunioni del Bilderberg sono presenti i direttori di alcuni celebri giornali selezionati – il Financial Times e il New York Times – ma non è gente da andare in giro a spiattellare le decisioni del padronato globale (1).
Anche quest’anno, la riunione del gruppo Bilderberg è stata annunciata solo da un articolo del Financial Times che qualificava preventivamente di “complottisti” tutti coloro che avessero osato definire lorsignori, riuniti all’Hotel Dorint dietro porte chiuse, dei “congiurati”. Il Bilderberg, ufficialmente, “è solo un luogo di discussione di idee”. Dove “ciascuno si esprime con franchezza”. Etienne Davignon, già vicepresidente dell’UE e membro del Bilderberg, ha sancito: “non è un complotto capitalista per governare il mondo”. E’ solo un “un piccolo forum internazionale, flessibile e informale, dove si possono esprimere vedute differenti”. Tutte nel senso di rinsaldare “l’amicizia fra le due sponde dell’Atlantico”; perché il Bilderberg è rigorosamente “bianco” e non accetta asiatici, né sudamericani, né arabi, ma solo statunitensi ed europei. Fondato nel 1954 dal principe Bernardo d’Olanda, il Bilderberg ha membri che, come per caso, appartengono ad altri consessi simili: Council on Foreign Relations, Pilgrims Society, Trilateral Commission, e la famosa Round Table, che “informalmente” (come il Bilderberg) pianificò per un secolo le conquiste, le politiche e i destini dell’impero britannico. Fra questi importantissimi membri, spiccano gli ancora più importanti membri dello “steering committee”, che decidono sul tema delle discussioni da tenere. Fra essi ci sono Josef Ackerman (Deutsche Bank), Jorma Ollila (Nokia), Juergen Schrempp (Daimler-Chrysler), Peter Sutherland, ex generale della NATO ed ora caporione della Goldman Sachs, James Wolfensohn (ex Banca Mondiale). Nuovi aggiunti, in forte delegazione, i neocon ebraico-americani, da Paul Wolfowitz a Richard Perle. Più l’israeliano Nathan Sharanski, già dissidente sovietico, oggi sionista fascistizzante, e consulente di Bush per “la democrazia in Medio Oriente”. Insolita coincidenza, la riunione di quest’anno del Bilderberg ha coinciso con la visita in Olanda e nei Paesi baltici di Bush junior E non è escluso che il presidente americano vi abbia fatto un’apparizione, ovviamente non riportata dalla stampa, insieme alla regina d’Olanda (che inaugura tutti i Bilderberg). Se è così, ha fatto bene. Di solito quello che al Bilderberg si decide a porte chiuse, viene poi eseguito dai G-8, dal Fondo Monetario e da altre istituzioni internazionali. Tanto vale, per i presidenti, saperlo in anticipo. Quali i temi del Bilderberg 2005? A quanto risulta, lorsignori sono preoccupati di tenere la Nato unita e a disposizione delle ulteriori avventure militari americane. Benché in gran parte europei, lorsignori sostengono l’auspicio di Brzezinski, di “un’Europa che resti in larga misura un protettorato americano”. Il che significa, in pratica, che il Bilderberg ha preso decisioni precise: mai e poi mai acconsentire ad una forza militare europea distinta dalla Nato ossia sottratta al controllo Usa. Molto allarmati, lorsignori, per il “no” francese che si profila al referendum sulla Costituzione europea (2). Bisogna sapere che l’autore della sullodata costituzione (mandato di cattura e tutto il resto) è un membro di lusso del Bilderberg, Valéry Giscard d’Estaing. E il commissario europeo che presiede all’espansione senza limiti dell’Europa all’est (Turchia domani, Ucraina e Georgia oggi), Gunther Verheugen, è anche lui membro del club. A proposito: gli alti dignitari dell’UE, quando partecipano alle riunioni del privatissimo Bilderberg, hanno le spese pagate dalla Commissione europea (da noi contribuenti). L’Europa, la “loro” Europa burocratica, preoccupa lorsignori. Sondaggi e inchieste a loro esclusiva disposizione dicono che gli europei ne hanno le scatole piene. E soprattutto a causa dell’ “allargamento ad est”, che porta via posti di lavoro ad Ovest. Ciò fa montare sentimenti protezionisti che sono orrore per i signori del Bilderberg, tutti liberisti d’alta scuola e favorevoli alla globalizzazione più totale. Peggio: rinascono certi nazionalismi, da lorsignori ritenuti sgradevoli, di fronte all’apertura delle barriere doganali all’invasione di merci da Cina e India. Lorsignori sono per l’Europa aperta al saccheggio delle merci cinesi, perché ciò giova alle loro multinazionali; che non giovi ai lavoratori (presto disoccupati) europei, non gliene importa un fischio. Ma temono che i lavoratori (disoccupabili) si mettano a chiedere una “fortezza Europa” alla De Gaulle; il capitolo III della Costituzione del Bilderberg-Giscard esplicitamente indica l’apertura alle merci cinesi come mezzo per distruggere l’eccessivo assistenzialismo e la bella previdenza sociale che rende così poco “competitiva” l’Europa; ed ai lavoratori negri e gialli come mezzo per ridurre i salari troppo alti. Guai se un risveglio di “nazionalismo”, come quello che minaccia di bocciare la Costituzione in Francia il 29 maggio prossimo, si estendesse (come dicono i loro sondaggi) a Olanda - già allievo modello di “multiculturalismo”, oggi schifata dall’invasione musulmana – e in Germania, dove l’ulteriore espansione ad Est - verso i nuovi alleati degli Usa, Ucraina e Georgia - è vista malissimo. Così, il club ha deciso: far ingollare agli europei l’ingresso della Turchia, lo vogliano o no. Perché è il passo necessario per consolidare la presenza americana nella hiartland dell’Asia centrale, dove sta penetrando con tanta arroganza. Si è parlato di Putin, che si ostina a contrastare questo piano di penetrazione nella zona di influenza ex-sovietica. Putin “non a capito la sua nuova situazione”, e gli saranno date tutte le lezioni che merita. Tanto più che umiliare la Russia è necessario perché – come ha chiarito Brzezinski – la strategia globale impone il “contenimento della Cina”, ossia impedire che Pechino emerga come rivale degli Usa in Eurasia. E la Cina ha bisogno della Russia. Ovviamente, in questo quadro s’inserirà l’ormai imminente bastonata all’ Iran: non si tratta tanto di impedire all’Iran di diventare nucleare, ma di vietargli di assumere il ruolo di potenza regionale di primo livello in quell’ area eurasiatica che gli Usa vogliono rendere vassalla. Russia, Cina e Iran sono così stati uniti dal Bilderberg nella qualifica di bersaglio da colpire.